5 – Diventare il padre
“Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro”
Quando ho visto per la prima volta il particolare del Figlio prodigo di Rembrandt, si è messo in moto un percorso spirituale che mi ha portato a scrivere questo libro. Ora che sono arrivato alla conclusione, scopro di aver fatto un viaggio davvero lungo.
Sin dall’inizio ero preparato ad accettare che non solo il figlio minore, ma anche il figlio maggiore, mi avrebbero rivelato un aspetto importante di questo mio itinerario spirituale. Per lungo tempo il padre è rimasto “l’altro”, colui che mi avrebbe ricevuto, perdonato, offerto la sua casa e dato pace e gioia. Il padre era il rifugio cui tornare, la meta del mio viaggio, il luogo del riposo finale, Solo gradualmente e spesso piuttosto dolorosamente sono arrivato a capire che il mio viaggio spirituale non sarebbe mai stato completo finché il padre fosse rimasto, per così dire, un estraneo.
Ho cominciato a capire che persino la mia migliore formazione teologica e spirituale non era riuscita a liberarmi completamente da un Dio Padre in qualche modo minaccioso e terribile. Tutto quello che avevo imparato sull’amore del Padre non era riuscito a liberarmi del tutto da un’autorità incombente che aveva potere su di me e che l’avrebbe usato secondo il suo volere. In qualche modo per me l’amore del Signore era limitato dalla mia paura del potere di Dio e sembrava saggio mantenermi a prudente distanza da lui anche se il desiderio della sua vicinanza era immenso.
So di condividere questa mia esperienza con molti altri. Ho constatato come la paura di divenire oggetto della vendetta e punizione di Dio abbia paralizzato la mente e i sentimenti di molte persone, indipendentemente dalla loro età, religione o stile di vita.
Questa paura paralizzante di Dio è una delle grandi tragedie umane.
Finché il Padre evoca paura, rimane un estraneo e non può abitare in me. Sebbene io sia entrambi, tanto il figlio minore che quello maggiore, non devo rimanere come loro, ma diventare il Padre.
A lungo mi sono talmente identificato con il figlio più giovane che non mi è nemmeno passato per la mente che potessi essere piuttosto il figlio maggiore.
A quanto apre, tutti, più o meno, partecipiamo a tutte le forme dell’imperfezione umana.
Né l’avidità o la rabbia, né la lussuria o il risentimento, né la frivolezza o la gelosia sono del tutto assenti da ciascuno di noi. La nostra imperfezione umana si può esprimere in molte forme, ma non c’è offesa, crimine o guerra che non abbia il suo seme nel nostro cuore.
Perché prestare tanta attenzione ai figli quando è il padre ad essere al centro e quando è con il padre che mi devo identificare? Perché parlare tanto di essere come figli quando la vera domanda è: Ti interessa essere come il padre?
“Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro”
La misericordia di Dio viene descritta da Gesù non solo per mostrarmi quanto Dio sia pronto ad avere compassione di me o a perdonare i miei peccati e offrirmi una vita nuova e la felicità, ma per invitarmi a diventare come lui e a mostrare la stessa compassione agli altri come lui la mostra a me.
Ciò che sono chiamato a realizzare è che, sia come figlio più giovane che come figlio maggiore, sono il figlio del Padre mio misericordioso. Sono un erede. Nessuno lo dice in modo più chiaro di Paolo quando scrive: “Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria”. (Rm 8,16-17)
Ma più importante ancora del contesto della parabola e dell’insegnamento esplicito di Gesù è la persona stessa di Gesù. Gesù è il vero Figlio del Padre. Egli è il modello per noi chiamati a diventare il Padre. In lui dimora la pienezza di Dio. Tutta la sapienza di Dio risiede in lui; tutta la gloria di Dio è in lui; tutta la potenza di Dio appartiene a lui. La sua unità con il Padre è così intima e totale che vedere Gesù è vedere il Padre: “Mostraci il Padre”, gli dice Filippo. Gesù risponde: “Chi ha visto me ha visto il Padre” (Gv 14,9)