4 – Il padre
“L’accoglienza del padre misericordioso”: tutto confluisce qui. La storia di Rembrandt, la storia dell’umanità e la storia di Dio. Tempo ed eternità si intersecano; la morte incombente e la vita eterna si toccano. Peccato e perdono si abbracciano; l’umano e il divino diventano una cosa sola.
Un’infinita misericordia, un amore senza riserve, un perdono eterno – realtà divine – che emanano da un Padre che è il creatore dell’universo.
L’umano e il divino, il fragile e il potente, il vecchio e l’eternamente giovane. La verità spirituale totalmente incarnata.
“Quando era ancora lontano, il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò
…il padre disse ai servi: ”Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l’anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”.
E cominciarono a far festa
….Il padre allora uscì a pregarlo…..Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”.
La sua è una vista eterna, una vista che spazia su tutta l’umanità. E’ una vista che comprende lo smarrimento di donne e uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi, che capisce con compassione immensa la sofferenza di coloro che hanno scelto di andarsene da casa, che ha pianto un mare di lacrime quando si sono trovati nell’angoscia e nel dolore. Il cuore del padre arde dal desiderio – un desiderio sconfinato – di riportare a casa i suoi figli.
Come avrebbe voluto parlare loro, metterli in guardia contro i tanti pericoli che avrebbero affrontato e convincerli che a casa si può trovare tutto quello che cercano altrove! Quanto avrebbe voluto trattenerli con la sua autorità paterna e tenerli vicino a sé perché non si facessero male!
Ma il suo amore è troppo grande per comportarsi così. Non può forzare, costringere, spingere o trattenere. Offre la libertà di rifiutare o ricambiare tale amore. Proprio l’immensità dell’amore divino costituisce la fonte della sofferenza divina. Dio, creatore del cielo e della terra, ha scelto di essere, prima di tutto e soprattutto, un Padre.
Come Padre, vuole che i suoi figli siano liberi, liberi di amare. Tale libertà include la possibilità che lascino la loro casa, se ne vadano in un “paese lontano” e perdano ogni cosa. Il cuore del Padre conosce tutto il dolore che questa scelta comporterà, ma il suo amore non gli consente di prevenirlo. In quanto Padre, desidera che coloro che restano a casa gioiscano della sua presenza e sentano il suo affetto. Ma anche in questo caso vuole offrire soltanto un amore che possa essere ricevuto liberamente. Egli soffre in modo indicibile quando i suoi figli lo onorano soltanto con le labbra, mentre i loro cuori sono lontano da lui. (Mt 15,8; Is 29,13)
Egli conosce la loro “lingua menzognera” e il loro “cuore infedele”, (Sal 78,36-37) ma non può farsi amare da loro senza venir meno alla sua vera paternità.
Come Padre, l’unica autorità che rivendica per sé è l’autorità della compassione. Essa deriva dal consentire che i peccati dei figli feriscano il suo cuore. Non c’è lussuria, avidità, rabbia, risentimento, gelosia o vendetta nei suoi figli perduti che non abbia causato una pena immensa al suo cuore. Tanto profondo è il dolore perché tanto puro è il cuore. Dal profondo luogo interiore dove l’amore abbraccia tutto il dolore umano, il Padre raggiunge i suoi figli.
Ecco il Dio in cui voglio credere: un Padre che, dall’inizio della creazione, ha steso le sue braccia in una benedizione misericordiosa, non forzando mai nessuno, ma aspettando sempre; non lasciando mai cadere le braccia per la disperazione, ma sperando sempre che i figli tornino per poter dire loro parole d’amore e lasciare che le sue braccia stanche si posino sulle loro spalle. Il suo unico desiderio è benedire.
Al figlio il padre non lascia nemmeno la possibilità di scusarsi. Previene la sua supplica con un perdono spontaneo e non presta ascolto alle sue argomentazioni perché del tutto irrilevanti alla luce della gioia per il suo ritorno.
La gioia di Dio è la gioia dei suoi angeli e dei suoi santi; è la gioia di tutti coloro che appartengono al Regno.