3 – Il figlio maggiore
Lo smarrimento del figlio minore, lo smarrimento del figlio maggiore: entrambi avevano bisogno di guarigione e di perdono. Entrambi avevano bisogno di tornare a casa. Entrambi avevano bisogno dell’abbraccio di un padre che perdona. Ma dalla storia stessa, è evidente che la conversione più difficile da attuare è la conversione di colui che sta a casa.
Non si è perduto soltanto il figlio più giovane, che se n’è andato da casa per cercare libertà e felicità in un paese lontano, ma anche quello che è rimasto. Esteriormente faceva tutte le cose che si suppone faccia un bravo figlio ma, interiormente, si era allontanato da suo padre. Faceva il proprio dovere, lavorava sodo ogni giorno e adempiva tutti i suoi obblighi, ma era diventato sempre più infelice e meno libero.
Questo risentimento interiore mi rivela il mio stesso “smarrimento”. Ero rimasto a casa senza mai allontanarmi, ma non avevo ancora vissuto una vita libera nella casa di mio padre. Rabbia e invidia dimostravano la mia schiavitù.
Non è qualcosa che è accaduto solo a me. Molti figli e figlie maggiori si sono perduti rimanendo sempre a casa. Ed è questo smarrimento – caratterizzato dalla facilità a giudicare e condannare, dalla rabbia e dal risentimento, dall’amarezza e dalla gelosia – ad essere così dannoso e devastante per il cuore dell’uomo. Spesso pensiamo allo smarrimento in termini di azioni molto palesi, persino spettacolari. Il figlio più giovane ha peccato in un modo che possiamo facilmente identificare. Il suo smarrimento è evidente. Ha fatto cattivo uso del denaro, del tempo, degli amici e del suo stesso corpo. Quello che faceva era sbagliato; non soltanto la sua famiglia e gli amici lo sapevano, ma anche lui ne era consapevole. Si è ribellato alla morale e si è lasciato travolgere dalla sua lussuria e avidità. C’è qualcosa di molto ben definito nella sua cattiva condotta. Poi, avendo visto che il suo comportamento ribelle non conduceva se non alla miseria e alla sofferenza, il figlio più giovane è rinsavito, si è voltato indietro e ha chiesto perdono. Abbiamo qui un classico fallimento umano che si è risolto in modo semplice. Piuttosto facile da comprendere e compatire.
Lo smarrimento del figlio maggiore, invece, è molto più difficile da identificare. Dopo tutto, faceva le cose perbene. Era obbediente, ligio al dovere, rispettoso della legge e gran lavoratore. La gente lo rispettava, lo ammirava, lo elogiava e probabilmente lo considerava un figlio modello. All’esterno era irreprensibile. Ma, di fronte alla gioia del padre al ritorno del fratello più giovane, una forza oscura erompe in lui e ribolle in superficie. Improvvisamente emerge una persona risentita, orgogliosa, cattiva ed egoista, una persona rimasta nascosta nel subconscio, anche se si era fatta sempre più forte e operante nel corso degli anni.
Quando ascolto attentamente le parole con cui il figlio maggiore attacca il proprio padre – parole ipocrite, di autocommiserazione, di gelosia -, sento in esse un oscuro lamento. E’ il lamento che viene da un cuore che avverte di non aver mai ricevuto ciò che gli era dovuto.
Di una cosa sono sicuro: lamentarsi è qualcosa che si autoperpetua ed è controproducente.
L’incapacità del figlio maggiore di condividere la gioia del padre diventa del tutto comprensibile. Quando tornò dai campi, udì la musica e le danze. Capì che in casa si faceva festa. Immediatamente si fece sospettoso.
Gioia e risentimento non possono coesistere. La musica e le danze, invece di invitare all’allegria, diventano un motivo per isolarsi ancora di più. Questa esperienza di non essere capaci di partecipare alla gioia è l’esperienza di chi ha il cuore colmo di risentimento. Il figlio maggiore non ebbe la forza di entrare in casa e di condividere la gioia del padre. Il suo lamento interiore lo paralizzò e consentì che l’oscurità avvolgesse il suo cuore.
Non so in che modo il figlio più giovane abbia accettato i festeggiamenti o abbia vissuto con il padre dopo il ritorno, così ignoro se il figlio maggiore si sia mai riconciliato con il fratello, con il padre o con se stesso. Ciò che conosco con certezza incrollabile è il cuore del padre. E un cuore di sconfinata misericordia.
A differenza delle fiabe, la parabola non si chiude con una pagina a lieto fine. Ci lascia invece faccia a faccia con una delle scelte spirituali più difficili della vita: fidarsi o non fidarsi dell’amore di Dio che tutto perdona. Soltanto io posso fare questa scelta.
Il padre rivuole non solo il figlio minore, ma anche il figlio maggiore. Anche il figlio maggiore ha bisogno di essere ritrovato e ricondotto alla casa della gioia. […] Questo non è un racconto che distingue i due fratelli in uno buono e in uno cattivo. Solo il padre è buono. Ama entrambe i figli. Corre fuori per andare incontro a tutti e due. Vuole che sia l’uno che l’altro siedano alla sua mensa e condividano la sua gioia.
L’amore del Padre non è un atto di costrizione. Sebbene il Padre voglia guarirci da tutte le nostre tenebre interiori, siamo sempre liberi di fare la nostra scelta, di rimanere nelle tenebre o di entrare nella luce dell’amore di Dio. Dio è là. La luce di Dio è là. Il perdono di Dio è là. L’amore sconfinato di Dio è là.
Che io sia il figlio minore o il figlio maggiore, l’unico desiderio di Dio è di portarmi a casa.
Trovo di avere molte affinità con quel gruppo di persone nei confronti del quale Gesù è tanto critico: i farisei e gli scribi. Ho meditato sui libri, ho frequentato le leggi e spesso mi sono presentato come un’autorità su questioni religiose. …..”Costui riceve i peccatori e mangia con loro”
Gesù dice: “Beati voi poveri….beati voi che ora avete fame….. beati voi che ora piangete….”
“Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti” (Lc 10,21)
La gioia per il drammatico ritorno del figlio più giovane non significa assolutamente che il figlio maggiore fosse meno amato, meno apprezzato, meno favorito. Il padre non stabilisce confronti tra i due figli ama entrambi di un amore totale ed esprime quell’amore in sintonia coi loro itinerari individuali.
“Nella casa del Padre mio vi sono molti posti”
[…] Gesù, che ha narrato la storia, è lui stesso non solo il figlio minore, ma anche il figlio maggiore. E’ venuto per mostrare l’amore del Padre e per liberarmi dalla schiavitù dei miei risentimenti. Tutto ciò che Gesù dice di sé lo rivela in quanto Figlio prediletto, come colui che vive in comunione totale con il Padre. Non c’è distanza, paura o sospetto tra Gesù e il Padre.
La parola del padre della parabola: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo” esprimono la vera relazione di Dio Padre con Gesù suo Figlio. Gesù afferma sempre che tutta la gloria che appartiene al Padre appartiene anche al Figlio. Tutto ciò che fa il Padre, lo fa anche il Figlio. Non c’è separazione tra Padre e Figlio “… perché siano come noi una cosa sola”