card. Joseph Bernardin – Il dono della pace
Prefazione all’edizione italiana del Card. Carlo Maria Martini
L’anno scorso ricevetti un biglietto di auguri natalizi del Cardinale Joseph Bernardin. Egli era già morto da alcuni giorni, ma evidentemente aveva voluto provvedere, prima della sua morte, che sapeva ormai prossima, a inviare ai suoi amici il consueto cartoncino di auguri. Era un segno della sua fedeltà all’amicizia e della profonda pace che egli conservava anche di fronte alla prospettiva della morte, quella pace che traspare da ogni pagina di questo libro che giustamente egli ha intitolato “Il dono della pace”.
Conoscevo il cardinale Bernardin da molti anni. Ci incontravamo di solito durante i Sinodi dei Vescovi e per parecchi anni siamo stati insieme anche come membri della segretaria del Sinodo, con riunioni regolari alcune volte l’anno. Ci vedevamo pure per alcune sessioni plenarie dei Dicasteri romani e in o0ccasione di qualche ritiro predicato negli Stati Uniti.
Ho ammirato fin dall’inizio il forte senso di responsabilità che lo animava nel suo servizio episcopale, la sua apertura di mente e di cuore e soprattutto la sua lealtà e la sua onestà. Era un uomo che stava alla parola data, che sentiva fortemente i problemi della Chiesa e guardava in faccia ad essi senza sotterfugi r senza falsi timori. Colpiva anche, pur nella capacità di affrontare i problemi complessi, la sua semplicità, la sua assenza di ogni sottinteso. Ciò che pensava lo diceva con chiarezza e lo sosteneva con energia.
Questo libro descrive gli ultimi tre anni della sua vita, i momenti della sua ‘passione’, dapprima per la falsa e infamante accusa di abusi sessuali e poi per la malattia che lo condusse alla morte. Leggendolo vengono in mente le parole di Gesù a Pietro: “Ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi” (Gv 21,18). Ma è proprio in questi momenti drammatici che emerge tutta la forza spirituale che Joseph Bernardin portava dentro, anzi, più esattamente, emerge l’opera di purificazione e di cesello che lo Spirito compie in lui in maniera eccezionale.
Si tratta di una delle più sconvolgenti testimonianze del nostro tempo, un guardare in faccia all’aggressione della propria fama e poi all’aggressione della malattia mortale con dignità, con fede, con semplicità, non trascurando nessuno dei mezzi umani per difendersi legittimamente, ma rimettendosi alla fine con pace nelle mani di Dio e trovando la forza per perdonare l’accusatore e per consolare e confortare molti altri. E’ un libro che tratta di temi commoventi con le parole più semplici, senza mai un’ombra di retorica. Ogni parola ha il sigillo dell’onestà e della verità. Mi ha dato la gioia di scrutare nelle profondità interiori di un uomo e di un vescovo che ho sempre molto stimato e ammirato. La figura di Joseph Bernardin è un dono alla Chiesa e all’umanità.
+ Carlo Maria card. Martini
Chi era Joseph Bernardin
Nasce il 2 aprile 1928 a Columbia, nella Carolina del Sud, dove da pochi mesi erano approdati i suoi genitori, Maria e Giuseppe, emigrando dal Primiero, in Trentino. All’età di sei anni rimane orfano del padre, morto a causa di un tumore. Con la mamma e la sorellina deve affrontare le sfide della Grande Depressione, in un’area particolarmente povera, dove, fra l’altro, la sua famiglia era una delle poche ad essere cattolica. Dopo un anno di scuola di avviamento agli studi universitari di medicina, intrapresi con il proposito di diventare medico per ‘aiutare la gente’, entra in seminario, e il 26 aprile 1952 viene ordinato sacerdote, iniziando il suo ministero in parrocchia a Charleston.
da “Il dono della pace”
Ogni settimana viene aggiunta qui una nuova selezione dal libro.
La brillante intelligenza e le doti di mediatore fra i gruppi di diversa estrazione civile e religiosa di cui egli è dotato, vengono immediatamente notate dalla gente e, soprattutto, dalla Gerarchia cattolica. Il 9 marzo 1966, all’età di 38 anni, viene elevato alla dignità episcopale, ed è subito il più giovane vescovo degli Stati Uniti; papa Paolo VI lo nomina ausiliare della diocesi di Atlanta, in Georgia, di cui è titolare Paul Hallinan, che nel dicembre 1964 fu primo ad accogliere Martin Luter King al suo ritorno da Oslo, dove aveva ricevuto il Premio Nobel per la Pace. L’arcivescovo Hallinan vede nell’uomo dei modi gentili e delle belle maniere, dotato di tanta intelligenza e acuta intuizione, la persona che poteva incidere in maniera feconda e forte sulla Chiesa e sulla società americana. Assume subito un ruolo incisivo nella elaborazione della Lettera pastorale Guerra in Vietnam, che poco dopo, il 18 novembre 1966, verrà diffusa dall’intera Conferenza nazionale dei vescovi statunitensi. Le doti del giovane vescovo di Atlanta vengono ben presto apprezzate nel contesto nazionale ed anche nella Curia vaticana. Il 10 aprile 1968 è a Washington come segretario generale della Conferenza nazionale dei vescovi degli Stati Uniti. Il presidente della conferenza, cardinale Dearden gli affida la riorganizzazione della stessa Conferenza, ritenendolo la persona più capace di calare nella Chiesa statunitense le indicazioni pastorali del concilio Vaticano II. […]
Preso da così tanti impegni, Bernardin si rende conto che le pur importanti responsabilità che lo assorbono non gli devono togliere il tempo da riservare ad un più intimo rapporto con il Signore; decide così dio dedicare la prima ora di ogni giorno alla preghiera, per essere ‘collegato a Dio’: un impegno che manterrà fino alla morte.
Nel novembre 1980 i vescovi USA esaminano con preoccupazione il programma dell’Amministrazione Reagan, e decidono di elaborare due lettere pastorali collegiali, una sull’economia e l’altra sulla guerra nucleare. La guida della Commissione incaricata di trattare la questione più delicata e scottante, quella nucleare, viene affidata a Bernardin. Il documento conclusivo, approvato il 3 maggio 1993, ed avente per titolo La sfida della pace: la promessa di Dio e la nostra risposta, è profondamente segnato dall’impronta di Bernardin, e diventa oggetto di estesi confronti e dibattiti in tutto il mondo. Nel frattempo, muore l’arcivescovo di Chicago e, per risollevare le sorti della più estesa arcidiocesi statunitense serve un uomo di indiscussa integrità morale ed eccezionale prestigio. Il 25 agosto 1982 Joseph Louis Bernardin, nuovo arcivescovo di Chicago, si rivolge ai sacerdoti, ai fedeli ed all’intera comunità metropolitana “come coloro che servono”; a tutti dice, e dirà: “Sono Joseph, vostro fratello”. Nel 1982 è Man of the Year sul Time.
Non passano molti mesi e Chiacago esulta per la elevazione del suo arcivescovo al Collegio dei cardinali. L’impatto sull’intera società statunitense assume dimensioni senza precedenti. Il Principe della Chiesa che consuma sandwich nei bar in compagnia dei senzatetto, rinnova il suo slancio per l’affermazione del messaggio evangelico nel quadro di un processo di rivitalizzazione della Chiesa che sia coerente con le linee del Vaticano II.
Pur cosciente di essere leader ascoltato ed influente, non ha mai la pretesa di agire da solo, ma ricerca sempre con ogni mezzo quella ‘collegialità’ che costituisce uno dei cardini del Vaticano II, e per la quale il Santo Padre nel 1988 gli esprime un particolare ‘thank you’. Una crescente popolarità ed i numerosissimi riconoscimenti ad ogni livello – le lauree honoris causa conferitegli da università di tutto il mondo non si contano – non lo distolgono dagli umili insegnamenti dei suoi genitori: il papà Giuseppe e la mamma Maria. Mentre del padre ricorda spesso l’esempio di dignità dato alla famiglia quando era ammalato di tumore, della mamma richiama di sovente alla mente, anche nelle grandi occasioni, come quando viene fatto cardinale, quello che lei gli ricordò in occasione della sua ordinazione episcopale: “Fila via diritto, e non bearti di te stesso”.
Nel novembre del 1993 un evento ‘spaventoso e devastante’ cambia la vita del Cardinale e minaccia di comprometterne la reputazione e la capacità di continuare ad essere leader prestigioso; Steven Cook, giovane ammalato di Aids, che frequentava il seminario di Cincinnati quando Bernardin era arcivescovo in quella città dell’Ohio, lo accusa di aver abusato sessualmente di lui unitamente ad un altro sacerdote, e lo trascina in una causa con il sacerdote che l’abuso lo aveva realmente commesso. In poche ore la notizia fa il giro del mondo. Bernardin, l’arcivescovo che per primo aveva elaborato un organico programma con linee di condotta per combattere abusi sessuali da parte degli ecclesiastici, si sente distrutto, colpito al cuore in ciò che gli dava una forza particolare per essere leader: la sua reputazione.
Ben presto, tuttavia, il caso si chiarisce, e pochi mesi dopo il querelante, di sua iniziativa, chiede formalmente all’autorità giudiziaria di far cadere l’accusa. L’accusatore, con il quale Bernardin si riconcilia in occasione di un incontro a Philadelphia il 30 dicembre 1994, era stato istigato a coinvolgere il cardinale nell’infamante accusa da un sacerdote, il quale, per raggiungere il suo scopo, aveva inviato il giovane da un’ipnotista affinché lo convincesse che Bernardin aveva realmente abusato di lui.
Sollevatosi da questa terribile esperienza, il cardinale riprende con impegno e rinnovato entusiasmo il suo ministero, compiendo fra l’altro viaggi nelle Filippine, in Australia, Nuova Zelanda e Israele. Sembra che tutto proceda per il meglio, quando nel giugno 1995 gli viene riscontrato un tumore maligno al pancreas. Subisce un intervento chirurgico, con poche possibilità di vivere altri cinque anni. Dopo l’operazione e le connesse terapie, sembra che la ripresa sia buona. Non passa molto tempo che nuovi disturbi portano alla scoperta di un’accentuata stenosi spinale, dell’osteoporosi e della curvatura della spina dorsale: il corpo gli si accorcia di 10 centimetri. Nell’agosto del 1996, mentre ritiene di essere quanto meno stato ‘liberato dal cancro’, una risonanza magnetica rivela cinque metastasi al fegato. La ‘sentenza’ dei medici non lascia speranza: il cancro è inoperabile e le prospettive di vita non superano l’anno.
Come è suo costume, informa anche di questa triste scoperta l’opinione pubblica. In un’affollatissima conferenza stampa, il 30 agosto 1996 dà personalmente il mesto annuncio, e davanti alle telecamere commenta: “Possiamo vedere la morte come un nemico e come un amico. Come persona di fede vedo la morte come un amico, come passaggio dalla vita terrena alla vita eterna”.
Raccogliendo in sé le poche energie fisiche che gli rimangono, continua il suo ministero. Con una forza e una determinazione straordinarie visita ancora ammalati di tumore, assiste condannati a morte prima dell’esecuzione capitale e si rivolge alla Suprema Corte degli Stati Uniti perché neghi il diritto al suicidio assistito.
Il 9 settembre il presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton, gli consegna alla Casa Bianca la ‘Medaglia della Libertà’, massimo riconoscimento civile della Nazione americana.
Animato dal profondo desiderio di esprimere le sue più intime riflessioni su questioni di fede, fatti ed eventi che hanno segnato la sua vita negli ultimi tre anni, scrive questo libro.
Nella notte del 14 novembre 1996, ad ore 1.33, il cuore buono e generoso di Joseph Louis Bernardin cessa di battere. Poche ore dopo, la notizia è diffusa in tutto il mondo. La sua salma rimane esposta in cattedrale per tre giorni e tre notti, per consentire a folle di fedeli e cittadini di ogni credo – innumerevoli sono i poveri – di rendere omaggio al loro Cardinale. I funerali sono un evento mondiale, le maggiori televisioni del Pianeta li trasmettono in diretta. Nei pochi giorni seguenti la sepoltura, le persone che visitano il suo sepolcro al mausoleo del cimitero del Monte Carmelo, a Hillside, superano di gran lunga quelle che si sono recate al mausoleo stesso dalla data della sua costruzione, nel 1902.
Nel suo discorso inaugurale, il 20 gennaio 1997, il presidente Clinton richiama all’attenzione della Nazione americana l’esempio del cardinale Bernardin assieme a quello di Martin Lutther King.
Le citazioni dei pensieri di Bernardin, le iniziative in suo nome e le testimonianze coerenti con il suo insegnamento sono realtà quotidiane in terra americana, e anche oltre. Il suo esempio di figlio di poveri emigranti che ha affascinato l’America e commosso il mondo e che nel morire ha insegnato a vivere, è stato e sarà un servizio per tutta l’umanità.
Nei libri di Storia, le future generazioni leggeranno il nome di Joseph Louis Bernardin fra quelli dei Grandi del XX secolo.