Un santo al mese: Annalena Tonelli
Annalena Tonelli, nasce a Forlì il 2 aprile del 1943. Missionaria in Somalia, ha speso trent’anni della sua esistenza al servizio dei somali costruendo centri di assistenza e lottando contro le piaghe della tubercolosi, dell’Hiv e delle multinazionali femminili.
Appena conseguita la laurea in legge e dopo un periodo di ulteriore perfezionamento della lingua inglese, partì per l’Africa; per circa un anno lavorò a Chinga, nella parte più verde del Kenya, come insegnante in una scuola dei missionari della Consolata. Il 1969 fu un anno intensissimo di insegnamento e ricerca di un suo posto che l’ha portata a “scorrazzare” per il Kenya, ma già il 15 agosto dello stesso anno aveva chiaro che il suo solco sarebbe stato nel deserto al servizio degli ultimi. I dubbi sulla propria scelta si sciolsero presto e la pace, conseguente alla certezza di una chiamata al deserto, – dove visse per 17 anni -, alla fraternità, ai poveri a essere concime e presenza d’amore senza progetti grandi, si materializzò tra le sue mani e nel suo cuore fino a farla diventare “ANNALENA di DIO”. Lei si firmava così.
Lettere – 1969/1985
Ogni settimana viene aggiunto qui un nuovo scritto.
Annalena pensava di incontrare Dio nel deserto, luogo di silenzio per eccellenza, e fu così che, appena arrivata in Africa, si mise subito alla ricerca di quel posto che l’avrebbe accolta per sempre. Sperimentò, incontrò tante persone, anche uomini e donne di fede con i quali forse avrebbe potuto camminare e, lungo la strada, non perse mai di vista coloro che era venuta a servire: chi non si poteva difendere, chi non capiva, umiliato da una cultura che lo voleva schiavo, e chi, ammalato, si sentiva rifiutato. Tuttavia, i poveri, i meno fortunati, gli ammalati, li aveva già incontrati anche prima, in un mondo come il nostro però, nel quale, proprio perché pieno di false immagini di bene, di rumori e di confusione di fondo, era difficile capire se in realtà si viveva per amare o solo per raggiungere un prestigio personale.
Si trasferì in Somalia ai tempi della guerra civile (1987-1995) – condividendo “la vita più bella del mondo”, con i somali che non avrebbe mai abbandonato – e nel 1996 in Somaliland, dove fu uccisa, a Borama.
Il 5 ottobre 2003 alle ore 19:00, al rientro dopo la visita serale agli ammalati, viene uccisa da due sicari con un colpo alla nuca. Muore dopo circa mezz’ora e l’inutile dono del loro sangue da parte di alcuni malati.
Le sue ceneri sono state sparse, come aveva espressamente chiesto, nell’eremo di Wajir “sulla sabbia del deserto più amato del mondo”.
Poche lapidarie parole su un foglietto scritto a mano: Non parlate di me che NON avrebbe senso, MA date gloria al Signore per gli infiniti indicibilmente grandi doni di cui ha intessuto la mia vita. Ed ora tutti insieme incominciamo a servire il Signore, perché fino ad ora ben poco noi abbiamo fatto”.