La preghiera comune
L’arcivescovo Mario ha consegnato alla diocesi lo scorso 24 giugno, nella festa liturgica del “cuore di Gesù”, la sua lettera per il nuovo anno pastorale dal titolo “KYRIE, ALLELUIA, AMEN” (vedi e leggi qui) che pone alla nostra attenzione il tema della preghiera comune. “Non intendo proporre una enciclopedia della preghiera, ma incoraggiare a verificare il modo di pregare delle nostre comunità. Ho l’impressione che sia una pratica troppo trascurata da molti, vissuta talora come inerzia e adempimento, più che come la necessità della vita cristiana. Cioè della vita vissuta in comunione con Gesù, irrinunciabile come l’aria per i polmoni.“
Basta guardare nella bacheca delle celebrazioni di una parrocchia per accorgersi che solo quà e là compare qualche “adorazione eucaristica”, qualche “vespro”, qualche “rosario”, più legato alla tradizione che al vissuto dei giorni … perché, in genere, la celebrazione della messa é vista come la forma sovrabbondante e piena della preghiera comune.
La consuetudine di considerare la messa come preghiera comune e come centro attorno al quale riunire tutte le altre preghiere (rosario, adorazione) é stata messa in crisi dall’esperienza della pandemia, che ci ha mostrato con chiarezza come “preghiera comune” ed “eucarestia” sono due ambiti distinti, che si richiamano a vicenda, ma che hanno forme e contenuti diversi. Possono essere affiancati, ma sono due forme distinte in cui sperimentare la “presenza” del Signore. Perché anche la “preghiera comune” ruota attorno alla “Parola”, da essa trae origine e su di essa si fonda; la preghiera comune non è una semplice ripetizione di preghiere, più o meno belle, ma “luogo” che riunisce “nel suo nome” “due o più” per “fare” la sua volontà.
Non ci deve soprendere che anche il vescovo annoti che “preghiamo troppo poco e in modo troppo diverso da come prega Gesù“. Dobbiamo infatti riconoscere che la “preghiera comune”, come consuetudine, appartiene più alla tradizione monastica che al vissuto delle comunità cristiane; tutti sappiamo che la “liturgia delle ore” é il riferimento comune di tutta la Chiesa, ma essa trova raramente spazio nel nostro vissuto.
La preghiera, personale e comunitaria, é infatti indice di relazione: essa ci é necessaria, oggi più di ieri, proprio perché i tempi si sono fatti difficili e complessi. Abbiamo bisogno di fare posto all’azione dello Spirito ed imparare a discernere, così da raccogliere, nella preghiera, la capacità di intercedere per tutti e comprendere, come Gesù, la nostra “missione”.
Qualcuno dei nostri vecchi, e non solo, ricorda ancora le “rogazioni”, le processioni con cui si andava a portare la benedizione del Signore anche nei campi, perché erano la fonte del nostro nutrimento. Così si pregava per la pioggia, nelle carestie, nelle vie delle città o dei paesi. Ora che quelle forme non ci appartengono più (perché quasi nessuno di noi vive del raccolto dei campi o vede nella scarsa pioggia o nella guerra una punizione di Dio) ci siamo dimenticati delle ragioni di quella preghiera che, invece, rimangono attuali e che, semmai, esigono forme nuove.
Quella preghiera poteva anche essere in qualcuno superstizione o scaramanzia, ma era espressione comune del nostro “legame” con il Signore: tutti sapevamo che il raccolto poteva anche andare male, ma il “legame” con Dio, la sua presenza e quella dei fratelli ci sarebbero sempre stati di consolazione e supporto anche nelle difficoltà. Oggi sappiamo che la pioggia o la stagione non vengono direttamente da Dio e sono un evento naturale, anche se influenzato dall’agire dell’uomo, … ma ci siamo dimenticati di quel “legame” (con Dio e i fratelli) che i nostri vecchi, invece, custodivano. Così ci comportiamo con il Signore come se ci fosse estraneo, come se, sapendo che non modificherà il corso della natura, le nostre sorti gli fossero indifferenti, come se non avesse “parte con noi” … e noi con Lui! E come se fosse un rapporto singolo, privato, che non riguarda “altri” …
La proposta del vescovo può quindi essere occasione per riscoprire la preghiera comune, in quanto preghiera “per Cristo, con Cristo e in Cristo“. Perché pregare é apprendere dal Signore risorto, sotto la guida dello Spirito, come mettersi nel mezzo, come accogliere e vivere la sua Parola. Non possiamo domandare la pioggia senza impegnarci in un uso sobrio e giusto delle risorse della natura; non possiamo domandare la pace senza impegnarci nel dialogo e nella ricerca del bene in tutte le circostanze. La preghiera non serve a cambiare l’agire di Dio, ma a lasciar passare in noi il suo agire! “Ecco, manda me!” (cfr. Isaia 6,8)
La “preghiera comune” é necessaria al camminare insieme, perché solo una comunità che prega sarà in grado di testimoniare il Vangelo in questo cambiamento d’epoca. Non a caso il vescovo Mario invita la Chiesa di Milano a “avviare la formazione e la costituzione di animatori della preghiera comunitaria che si facciano carico di promuovere e condurre momenti di preghiera condivisi anche quando non si celebra l’eucaristia“; non si tratta semplicemente di affidare questo incarico a qualcuno, ma di riscoprire tutti insieme l’importanza e il valore della “preghiera comune”!