5 – Sentire Dio nella brezza del mattino
In principio era il Verbo (Giovanni 1, 1)
“In principio era il verbo …” . Con questa frase l’illustre storico della letteratura Arne Novak ha definito la creatività musicale di Leos Janacek. Il metodo di lavoro di quel compositore è noto. Non partiva dalla melodia, per poi cercare le parole da adattarvi; al contrario, partiva dalle parole come venivano pronunciate dal popolino nel dialetto di Brno, e poi sviluppava artisticamente la loro innata propensione alla melodia. Qualcuno che lo conobbe personalmente mi raccontò che aveva l’abitudine di stare seduto a Brno al mercato dei cavoli e gli piaceva ascoltare l’accento melodioso delle donne di Lisen che gridavano, offrendo le loro merci in vendita.
Jancek dunque partiva già dalla parola pronunciata ad alta voce, ma la maggior parte degli artisti sente la parola ispiratrice all’interno dell’anima. A scuola si dice che i poeti esprimano se stessi, ma è solo un’affermazione approssimativa. I poeti e gli altri artisti hanno sempre sostenuto che fosse la Musa stessa a parlare loro di nascosto, a ispirar loro qualcosa che poi loro esprimevano con le parole, con la musica, con i colori o con il movimento. Perciò a coloro che incontrano, per esempio, un nuovo stile in pittura, si raccomanda di non osservare le immagini con pregiudizio, ma di lasciarsene avvicinare; di sforzarsi di capire cosa comunicano loro.
Ci sono molte opere d’arte, grandi e piccole, ma la più bella è l’universo creato pieno di meraviglie, l’infinito mosaico fatto di materia. Anche al suo inizio era il verbo, il verbo creatore di Dio. “In principio Dio creò il cielo e la terra. Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse: “Sia luce!” (Gen 1,1-3).
San Basilio paragonava questo testo della Bibbia con le teorie che aveva sentito durante i suoi studi sui tempi della scienza antica. Ce n’erano molte, ma tutte erano d’accordo sul fatto che il mondo era sorto da un abisso oscuro e incomprensibile nel quale alla fine sarebbe nuovamente caduto. E’ difficile dire che senso avrebbe un mondo simile. L’autore del libro della Genesi ci presenta, però, un atteggiamento completamente diverso nei confronti della realtà. Il Dio-Creatore all’inizio aveva un’idea molto chiara della sua opera e le espresse con una parola, che fu talmente forte da divenire subito realtà.
E l’uomo, allora? Anch’egli fu creato dalla parola di Dio. In ciò assomiglia a tutto il resto dell’universo. Ma, oltre a ciò, ha ricevuto il privilegio speciale di capire la parola di Dio, di comprenderla e di risponderle, coscientemente e spontaneamente. E così noi ci troviamo di fronte all’universo come turisti nella grande pinacoteca che è il mondo. Possiamo fermarci davanti a ogni quadro, ma di fronte a ciascuno dobbiamo domandarci cosa volesse dirci l’artista attraverso di esso. Di colui che lo comprende, la Bibbia dice che è saggio.
Dio ci parla in tutto ciò che è visibile. Adamo nel paradiso non aveva bisogno dei libri, non studiava il catechismo. Parlava con Dio nella brezza del giorno (Gen 3,8) e non aveva bisogno che nessuno gli imponesse quello che doveva o non doveva fare. Dio glielo diceva chiaramente, con la voce della coscienza pulita. Ma poi giunse la tragedia del peccato e l’uomo divenne disubbidiente alla voce di Dio. Lo attendeva una punizione per questo? Invece di “punizione” è meglio dire “conseguenza”. La punizione è una cosa che qualcun altro applica dall’esterno. Ma quando uno prende freddo e poi si ammala, non è una punizione, è una conseguenza. Non ascoltare la parola di Dio portò come conseguenza ai primi uomini una forte perdita dell’udito. L’uomo ha perduto il paradiso, nel senso che camminando nella natura ha smesso di udire Dio alla brezza del giorno, e da allora è travolto da tutto ciò che chiamiamo il frastuono del mondo, il rumore di ciò che accade fuori. Siamo simili a un uomo duro d’orecchi, che ha bisogno di una persona che gli stia accanto e gli spieghi lentamente e a voce alta cosa gli dicono le persone che gli stanno vicine.
I profeti dell’Antico Testamento erano interpreti come questi, persone che udivano la voce di Dio e la spiegavano agli altri, “duri d’orecchio”; dicevano (dal greco phanai) ciò che Dio rivelava (da ciò è derivata la parola prophanai, profetare). La loro predicazione solitamente iniziava con le parole: “Questo dice il Signore….Ascoltate, gente, le parole del Signore!” Gli ebrei erano il popolo eletto proprio perché loro costituzione e legge era la parola di Dio stesso, formulata nella Legge e nei Profeti. All’inizio della loro storia e per tutto il tempo della storia fu quindi presente la Parola, proprio come durante la creazione del mondo.
La storia, però, puntava la momento culminante, in cui “il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo anoi” (Gv 1,14). Il verbo fatto carne si trova all’inizio della nuova storia, del nuovo popolo eletto: la Chiesa. Anch’essa ha i suoi profeti del Nuovo Testamento, cioè gli apostoli e i loro seguaci. E la parola che era all’inizio continua a farsi nuovamente carne nel popolo di Dio. Lo fa attraverso noi tutti, se noi desideriamo ascoltarla e risponderle in piena coscienza e spontaneamente. Lo dimostrò la prima rappresentante del popolo di Dio nel Nuovo Testamento, Maria: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto” (Lc 1,38).
In ciò è tutta la perfezione cristiana.