2 – La solitudine e l’amore per gli altri
Il ritorno degli apostoli (Marco 6,30-34)
“L’uomo non è una creatura solitaria, ma una creatura sociale”, scrive san Basilio. E’ un modo di dire che ha preso dai filosofi greci, ma anche lui aveva un motivo particolare per ripeterlo così spesso. Aveva visitato personalmente i monaci egiziani e sapeva che c’erano molti santi tra di loro, ma non tutti. I solitari si trasformano facilmente in stravaganti. Perciò scrisse un saggio polemico su questo stile di vita e addusse molte motivazioni contrarie. Nessuno basta a se stesso. Indossiamo abiti fatti da altri, mangiamo i frutti che qualcun altro ha coltivato. Lo scambio di lavoro è costante. Anche i valori spirituali si sperimentano insieme con gli altri: si tratta di una sorta di doni nel corpo mistico di Cristo.
Questo però non significa che dobbiamo essere sempre fisicamente in compagnia degli altri, e decisamente non si addice alla natura sociale della persona parlare e discutere continuamente. Il rumore e le grida nuocciono ai veri rapporti umani più di quanto non aiutino. Se dobbiamo scambiarci dei valori morali, dobbiamo prima averli. Ed è solo nella calma e nella solitudine che possiamo ottenerne la maggior parte. Un qualche tipo di deserto e di amore per la solitudine appartengono quindi alla vita di ogni persona. Si devono saper trovare i momenti per stare da soli. I caratteri profondi solitamente si riconoscono dal fatto che ricercano e amano tali momenti. Certo, tutto ha la sua misura. La misura della solitudine ci viene dettata dalle circostanze, dalla necessità interiore, da una speciale vocazione da parte di Dio. In un tempo in cui si dà valore solo al trambusto e all’attività esteriore, spesso Dio chiama alcune persone alla totale solitudine e al silenzio. Sono una testimonianza vivente per gli altri: “Qual vantaggio infatti avrà l’uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima?” (Mt 16,26).
“Andate in un luogo solitario”, disse Gesù ai suoi discepoli. Migliaia di monaci e religiosi nella storia della Chiesa seguirono questa chiamata. La parola “monaco” deriva dalla parola greca monachos, che significa solitario, eremita. Sulle porte dei monasteri certosini si trova spesso la scritta. “Beata solitudo, sola beatitudo”. Eppure abbiamo due espressioni dalla sfumatura ben diversa: “solitudine” e “isolamento”. Se l’uomo è veramente una creatura sociale, che cresce solo nel rapporto con gli altri, perché gli uomini devoti cercavano e tuttora cercano la solitudine? La risposta è semplicissima: per sentirsi vicini a qualcuno, con cui altrimenti, nel rumore del mondo circostante, non possono parlare con sincerità. Anche due innamorati vanno alla ricerca di luoghi solitari, ma non per questo sono isolati. Tanto più lo sperimenta chi ama Dio. Qualcuno si scusò con Charles de Foucauld per averlo lasciato a lungo ad aspettare da solo. Rispose semplicemente: “Io non sono mai solo!”. Sapeva pregare.
Secondo gli psicologi, molte persone non sanno riposarsi veramente. Se dicono loro: “Rimanga a casa tranquillamente seduto!”, rifiutano di farlo, perché sanno per esperienza che la testa si riempirebbe delle preoccupazioni che, nel trambusto, cercano di dimenticare. Due uomini si recano in gita sui monti. Uno ritorna rinfrancato, l’altro stanco morto, non solo fisicamente, ma anche spiritualmente. E’ perché non ha prestato grande attenzione alle montagne: pensava all’esame che lo aspettava. Uno psicologo consigliava a persone come questa: “Si sieda in riva al mare e cerchi di non prestare attenzione a nient’altro che al mare per almeno mezz’ora. Vedrà come si purificherà interiormente!”. I cristiani che amano cercare la solitudine riescono a vedervi il mare della misericordia divina e perciò riescono a riposarsi. Ma poi si affrettano ad aiutare coloro dei quali hanno pietà.