2 – Il figlio più giovane
Nel “ritorno” è implicita una partenza. Ritornare è tornar-a-casa dopo aver-lasciato-casa, un ritorno dopo essersene allontanati. Il padre che accoglie il figlio a casa è felice perché questo figlio “era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. La gioia immensa nel dare il benvenuto al figlio perduto nasconde il dolore sofferto prima. Il ritrovamento presuppone la perdita; prima del ritorno c’è la partenza. Osservando il tenero e gioioso ritorno, devo avere il coraggio di approfondire gli eventi dolorosi che lo hanno preceduto. Solamente quando si ha l’ardire di esplorare in profondità ciò che significa andarsene da casa, si può pervenire a una vera comprensione del ritorno.
Per capire a fondo il mistero della compassione devo guardare onestamente la realtà che la evoca. Il fatto è che, assai prima di rientrare in se stesso e tornare a casa, il figlio è partito. Ha detto al padre: “Dammi la parte del patrimonio che mi spetta”, poi ha messo insieme tutto ciò che ha ricevuto ed è partito. L’evangelista Luca racconta tutto con tanta semplicità e in modo così concreto che è difficile rendersi pienamente conto. Più di ogni altra storia del Vangelo, la parabola del figlio prodigo esprime l’immensità dell’amore compassionevole di Dio. E quando mi inserisco in questa storia alla luce di quell’amore divino, diventa dolorosamente chiaro che andar-via-di-casa è molto più vicino alla mia esperienza spirituale di quanto potessi pensare. […] Andarsene da casa è molto più di un evento storico legato al tempo e al luogo. E’ la negazione della realtà spirituale che appartengo a Dio in ogni parte del mio essere, che Dio mi tiene al sicuro in un abbraccio eterno, che sono veramente scolpito nelle palme delle mani di Dio e nascosto alla loro ombra. Andarsene da casa significa ignorare la verità che Dio mi ha “formato nel segreto, intessuto nelle profondità della terra e tessuto nel seno di mia madre” (Sal 119,13.15). Andarsene da casa è partire come se ancora non avessi una casa e dovessi cercare in lungo e in largo per trovarne una. La casa è il centro del mio essere dove posso udire la voce che dice: “Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto” – la stessa voce che ha dato vita al primo Adamo e ha parlato a Gesù, il secondo Adamo; la stessa voce che parla a tutti i figli di Dio e li rende liberi di vivere in un mondo tenebroso rimanendo nella luce. Io ho udito quella voce… ”se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me” (Sal 23,4).
Più e più volte tuttavia me ne sono andato da casa. Mi sono sottratto alle mani della benedizione e sono fuggito verso paesi lontani in cerca di amore! Questa è la grande tragedia della mia vita e della vita di tantissime persone che incontro nel mio viaggio. In qualche modo sono diventato sordo alla voce che mi chiama figlio prediletto, ho lasciato l’unico posto dove posso udire quella voce e me ne sono andato sperando disperatamente di trovare da qualche altra parte ciò che non potevo più trovare a casa.
E’ una voce che può essere sentita solo da coloro che si lasciano toccare.
Percepire il tocco delle mani benedicenti di Dio e sentire la voce che mi chiama “figlio prediletto” sono la stessa cosa. Questo risultò chiaro al profeta Elia. Nella tenerezza del Signore la voce era un tocco e il tocco era una voce.
[…] Una delle più grandi provocazioni della vita spirituale è ricevere il perdono di Dio. C’è qualcosa in noi, esseri umani, che ci tiene tenacemente aggrappati ai nostri peccati e non ci permette di lasciare che Dio cancelli il nostro passato e ci offra un inizio completamente nuovo.
E’ chiaro che la distanza tra l’inizio del ritorno e l’arrivo a casa deve essere percorsa con saggezza e disciplina. La disciplina è quella di diventare un figlio di Dio. Gesù dice espressamente che la via verso Dio è identica a quella verso una nuova infanzia. “Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli” (Mt 18,3). Gesù non mi chiede di rimanere un bambino, ma di diventarlo. […] Le Beatitudini mi offrono la via più semplice per il viaggio verso casa, per il ritorno alla casa di mio Padre. E lungo questa via scoprirò le gioie della seconda infanzia: serenità, misericordia e una visione sempre più chiara di Dio. E appena giungerò a casa e sentirò l’abbraccio di mio Padre, mi renderò conto che non soltanto il cielo potrò rivendicare come mio, ma che anche la terra diventerà mia eredità, un luogo dove poter vivere in libertà senza ossessioni e costrizioni.
Il viaggio del figlio più giovane non può essere separato da quello del fratello maggiore. E’ quindi a lui che ora – con qualche temerità – rivolgo la mia attenzione.