Lettere dal Kenya – 1
14-15 maggio 1970 Kajado
Sono in un luogo che vorrei chiamare divino, se non cominciassi a rendermi conto che sto usando questo aggettivo un po’ troppo da qualche tempo in qua. Cinquanta miglia a sud di Nairobi verso la Tanzania, Kajado, un grosso villaggio in terra masai. Siamo arrivate ieri mattina in autostop da Nairobi con una piccola sorella italiana, Maria Colomba, sotto un bel cielo limpido e un sole allegro ma non bruciante nell’aria mossa da un vento rinfrescante. Amo tanto l’autostop, soprattutto qui in Africa… gli incontri umani sono in genere semplicissimi, con lunghi silenzi pieni di pace “all’africana” fra un discorso e l’altro, mi sento tanto pellegrina sulle strade del mondo con la mia borsa a tracolla con poche cose essenziali e un coat [soprabito] in spalla per ripararmi dall’eventuale freddo. Non c’è bisogno d’altro. Quando viaggi così sei proprio tutta completamente affidata alle sue mani e senti che è la più entusiasmante e rasserenante verità del mondo il fatto che è Lui che fa tutto e non tu, Lui fa naturalmente attraverso di te, ma tu devi farti strumento nelle sue mani, mai presumendo di essere tu quello che fa: con i tuoi sforzi, con la tua volontà, con la tua tensione d’amore. No, tu fai nella misura in cui i tuoi sono diventati i suoi sforzi, la tua è diventata la sua volontà, la tua è diventata la sua tensione d’amore. E’ allora che canti con forza il Salmo 126.
Che pace! E’ stato un viaggio tutto bello.
Ampie distese vaste come solo qui puoi trovare, mandrie di grasse zebre pascolanti tranquille, qualche raro struzzo gigante, gazzelle dagli occhioni lunghi lunghi grandi grandi tagliati a mandorla, come si capisce bene perché lo sposo innamorato del Cantico dei cantici paragona tante volte la sua leggiadra seducentissima sposa a una gazzella. Alla fine, sedute su un confortevolissimo pullmino Volkswagen condotto da un africano dai modi delicati con accanto una british young lady [giovane signora inglese] dal sorrsio doce dolce buono tranquillo apertissimo, non parlavamo più, ma sedevamo silenziose, assorte, composte: tutte prese da quella pace vasta. L’eremitaggio, una specie di ampia casa tutta di mabati (lamiera corrugata) dipinta di rosso, il colore dei masai (tutti non solo indossano lenzuoli rossi, ma spesso e volentieri si dipingono il corpo e il volto con l’ocra rossa impastata di oli e grassi) ci ha incantato.
Due intere pareti della case si smontano completamente, per permettere all’aria e alla luce di entrare. Una specie di larga grata di ferro garantisce la sicurezza della casa che poggia sulla terra nuda, eccetto che la cappella, bellissima e unica come tutte le cappelle delle piccole sorelle di Gesù in qualsiasi angolo del mondo: pavimento e tre pareti di legno levigato del kilimanjaro, come pure l’altare con decorazioni masai, stuoie e panchettini rotondi per pregare, piccolo Gesù bambino nelle culla di perline (anche i masai, come i samburu si circondano il collo o appesantiscono le orecchie di mille perline colorate), tabernacolo a parete scorrevole, incassato nel muro di rame bulinato col tipico di tutte le famiglie di De Foucauld. Come vorrei che anche voi foste qui! Questa mattina, quando ci siamo alzate, il cielo lontano all’orizzonte era terso ed il Kilimanjaro chiarissimo con la sua ampia distesa di neve. Il fascino di queste montagne africane! Particolarissimo!
27 maggio 1970 Wajir
“Vieni nel deserto. Io parlerò al tuo cuore” (Osea 2,16)
… La casa è una reggia bianchissima con le finestre a mattoni bucati grandi per quasi un’intera parete per ogni camera… poi la casa è tutta aperta dentro con “cortiletti” interni ovunque (cinque!) come un’antica casa romana o, meglio, un tempio orientale. Da ieri abbiamo preso in casa due delle mie studentesse: Fatima e Alima. Farò una cappella per noi e per tutti quelli che vorranno venirci a pregare. La domenica pomeriggio quando comincia a fare fresco farò un’ora di adorazione pubblica. Qui non si può fare la sera dopo cena perché è pericoloso girare a piedi a causa dei serpenti, e neppure durante la settimana perché c’è già la messa alle 18,30 tutti i giorni nella community church […] Ora insegno anche Bible knowledge in Form IV extra-school [conoscenza della Bibbia in quarta classe al di fuori dell’orario scolastico], perché si tratta di materia non accettata ufficialmente dal comitato scolastico mussulmano. I ragazzi mi stanno ad ascoltare… ma sono tanto spenti ed è davvero una lotta per stimolarli ogni giorno. Le ragazze poi sono ancora più spente dei ragazzi, con orizzonti ristrettissimi, bloccate dal pregiudizio di base di “non capire”, di essere da meno dei ragazzi. Giornate intensissime per la preparazione del maendeleo ya wanawake (il centro di alfabetizzazione delle donne, per dare loro una coscienza sociale e civile, dopo secoli di schiavismo verso l’emancipazione).